Eravamo immortali by Manolo

Eravamo immortali by Manolo

autore:Manolo [Manolo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Fabbri Editori
pubblicato: 2018-05-09T16:00:00+00:00


Nel frattempo la nostra curiosità si era rivolta a una parete di un colore giallo-rimasto, simile a quello di tante rocce friabili che nessuno aveva ancora scalato; da lontano non concedeva punti di riferimento, e rimaneva un’incognita anche quando la neve copriva il mondo delle montagne: nessun fiocco osava posarsi su quei tratti pieni di mistero e attrazione. A destra, però, quegli strapiombi si appoggiavano, la parete diventava grigia e la neve indicava una parte più «debole»; scalarla da lì avrebbe permesso di scrutare da vicino il settore più complicato.

Privi di informazioni com’eravamo, l’approccio al punto di partenza si rivelò impervio, lungo e difficile. Fra quelle balze ripide e scivolose le vipere erano una presenza costante, tanto da preoccupare perfino il nostro «incantatore di serpenti». Non c’era verso di avanzare senza aggrapparsi alle ripide zolle erbose, ma nemmeno il sibilare che saliva da quei ciuffi riuscì a fermarci. Raggiunta la base, la nostra intuizione si rivelò esatta: la scalata fu divertente, e la parete vicina svelò gran parte del suo mistero. Però il percorso che avevamo seguito fin lì era stato devastante; cinque ore di terribili balze su ripidissime e pericolose cenge sospese… Doveva esserci un modo più semplice per avvicinarla, e Diego s’incaricò di cercarlo. Fu proprio in una di quelle ricognizioni che li incontrò. Ciò che gli dissero, a grandi linee, fu: «Che cazzo fai da queste parti, ragazzo? Non vorrai scalare quella parete, vero? È proprietà privata!». Loro avevano già un progetto, e noi non volevamo entrare in competizione; d’altra parte la pretesa proprietà feudale dell’intera parete sembrava arrogante tanto quanto il tono usato per accamparla.

Non facemmo comunque problemi; non avevamo l’ambizione di «firmare» nessuna montagna, e il nostro sguardo si spostò in fondo alla valle. Lì una parete più modesta ma altrettanto bella era incisa da un lungo ed evidente diedro, che suggeriva una naturale linea di salita, un percorso logico ed elegante.3 Però non avevamo il tempo per un sopralluogo: in pochi giorni decidemmo di provare e partimmo.

Anche in quel caso avvicinarsi alla meta non fu semplice, e portò via più tempo del previsto. In compenso l’incisione intravista si lasciò salire nel modo più pulito, e solo verso la fine fu necessario usare un chiodo per proteggerci. Era nuovo fiammante, giallo. Non ero d’accordo ad abbandonarlo lì, ma l’idea che i «baroni» arrivassero fin lassù prima di accorgersi che qualcuno li aveva preceduti sembrò una piccola, goliardica risposta al tentativo di arrogarsi la proprietà di quelle montagne.

E infatti i baroni arrivarono anche lassù, al chiodo giallo. Come sempre girarono vari racconti, anche molto diversi, ma in ogni caso noi non c’eravamo più: eravamo già andati via, in cerca di altre montagne senza padroni. Una sera, però, incontrai finalmente uno di loro, e quando «per caso» la discussione scivolò sulle montagne, gli confessai ingenuo ed euforico che alla prima possibilità sarei tornato sul Pizzocco per fare un altro tentativo. Lo avevo promesso a Corrado.

Poco dopo quei proprietari terrieri allargarono i propri confini, e senza bussare salirono la parete.



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